sabato 22 novembre 2014

SESSO E TRECCINE: VANGELO SECONDO VAGNER LOVE

di Gianmarco Pacione (se vuoi seguirci su Fb clicca qui)
Vagner Love, in maglia CSKA, spiega la famosa regola della "L"

Ho sognato un calciatore brasiliano. Sfiorava il pallone schivando fiocchi di neve, predicava futbol tra scritte cirilliche e maglie termiche.

Love & Samba
In testa non aveva capelli ma stelle filanti: verdi, blu, rosse, gialle. 

Era Vagner da Silva Souza, si, Vagner Love. Mi fissava dritto negli occhi, con due brillanti enormi appesi alle orecchie, e diceva sorridendo: "Non sai perchè mi chiamano così? Semplice, nella vita dò tutto in un solo posto, vuoi un indizio? Non è il campo da calcio.".

Lo declamava gonfiando il petto, come in un'intervista prepartita, ripassando mentalmente tutte le prede, inseguite e braccate tra margarita e festini privati.

Per ogni stadio una camera da letto: "Le russe hanno i visi più belli, con le brasiliane ci danzo, le cinesi, beh, sono esotiche.".

Difese bucate, reti gonfiate. Nessun problema per uno che da ragazzino ballava per ore in casa, con la sorella, al solo scopo di poter rimorchiare nei locali.

Un mosaico di roboante e discutibile personalità: interviste per Playboy, amicizie con gangster, relazioni private con armi e, ovviamente, tante, tantissime cosce toniche.

Incubo e delizia d'ogni direttore sportivo, sublime attaccante dalle mille sfumature. Vagner Love è stato, ed è, definizione unica di giocatore carnevalesco: dipinto nelle treccine, pittore coi piedi.

Oggi gioca in Cina nello Shandong Luneng: ultima tappa monetaria d'una carriera particolare, che l'ha visto diventare il più prolifico goleador straniero dell'intera storia del campionato russo.

Cannoniere in campo e fuori.

"Il mio gol più bello? Pamela Butt, pornostar brasiliana. C'è anche il video online, se vuoi dare un'occhiata.".

Parola di Vagner Love.

 

   



 

lunedì 17 novembre 2014

LODE AGLI INVIOLATI: GLI EROI DI SAN MARINO

di Gian Maria Campedelli (per seguirci su Facebook clicca QUI)


Diventiamo uomini in un mondo che non rende mai giustizia all'orgoglio degli sconfitti. Cresciamo cavalcando la cresta dell'onda dei vincitori. Non c'è spazio, in un'era in cui la disfunzione è l'aberrazione massima del successo, per raccontare la Storia dall'altra parte della barricata. Eppure ci sono imprese figlie di un dio minore che rendono meglio di tante altre lo spirito eroico dell'uomo, che non è eroe in quanto più grande e più forte degli altri, ma lo diventa spingendosi oltre i propri limiti più evidenti.

venerdì 7 novembre 2014

INSEGNACI A VESTIRE, GABOR KIRALY

di Gianmarco Pacione (per seguirci su FB clicca qui)

Buffo confronto estetico. Kiraly in uscita bassa su Cristiano Ronaldo. 

Pantalone grigio e maglia blu, pantalone grigio e maglia rossa, pantalone grigio e maglia grigia: il primo addendo non cambia mai, dall'Herta al Crystal Palace, dal Monaco 1860 al Fulham.  


Una cascata di grigio in maglia Crystal Palace.
Gabor Kiraly veste nuvoloso dal 1996. Le sue gambe promettono pioggia da quella lontana stagione in maglia Szombathely (dove esordì come professionista): vent'anni di tuta lunga, in eccesso d'un paio di taglie, coraggiosamente nascosta in calzettoni girati all'infinito.

Non l'ha mai fatto per soldi o scommessa, non c'è sponsor o retribuzione a cinque cifre; l'unica ragione è la scaramanzia, pura e semplice cabala, madre d'uno dei più grandi capolavori estetici del calcio moderno.

Un canto contro qualsiasi settimana della moda, una smanacciata alle passerelle ed ai paparazzi, un'uscita incosciente, con il doppio pugno, su gran parte dei suoi colleghi: boriosi vip da club di tendenza, ipnotizzati in campo nell'ammirare i propri scarpini stellati. 

Anti-modaiolo, anti-Mirante.

Gabor sta bene così, come un saggio nonno a suo agio tra i pali, ippopotamo fluttuante in quel pigiamone che copre forme un po' troppo tonde. Ha sempre avuto pochi desideri il gigante magiaro: non subire reti, affogare la fame in cibi locali e snobbare completamente i mantra di Versace e soci. 

In breve tempo è diventato un personaggio di culto, un'icona nobilmente kitsch.

Ed è così che cantano per lui i Lilywhites: "Balla il tuo valzer, pesante ballerino dai guantoni ruvidi. Fallo, a 38 anni, nel nostro affascinante Craven Cottage; eclissa, con quell'immarcescibile pantalone, ogni riflesso dell'azzurro Tamigi.".

Urlano a squarciagola con le braccia larghe, in piedi tra seggiolini di legno antico, mandando al diavolo tradizione e bellezza.

"Insegnaci a vestire, stilista dell'area piccola!".