venerdì 15 gennaio 2016

AVELLINO-SALERNITANA, ALLEGORIA D'UN DERBY INFUOCATO

di Gianmarco Pacione (clicca qui per seguirci su Fb)

Mi hanno chiesto cosa simboleggi il derby campano tra verdi e granata, tra lupi ed ippocampi

"Scrivi su Parterre, o come si chiama, no? Non parlate di calcio, lì? Qualcosa saprai dirmi...". 

Disorientato ho provato a rispondere con frasi goffe e sconnesse, innaffiandole con qualche "mistico" di troppo, speziandole pure con il banale ritornello della "partita diversa da tutte le altre". 

Non è facile descrivere certi campanilismi, soprattutto se vissuti ad uno Stivale di distanza; noi di Parterre, così, abbiamo deciso d'evitare artificiose congetture: il derby ce lo siamo fatti spiegare da chi l'ha vissuto epidermicamente in tutta la sua carica emotiva, in tutta la sua tensione quotidiana

S.A. (lo chiameremo così, onde evitargli ulteriori problemi), anonimo ragazzo del salernitano,  ci racconta la sua particolarissima storia: allegoria d'uno scontro instancabilmente bollente

S.A.: "Bisogna tornare indietro, al 2013, quando giocavo nei Giovanissimi dell'Avellino. All'epoca avevo iniziato ad andare in curva della Salernitana. Da tifoso vestivo granata, da giocatore di verde: una situazione molto particolare. Il fattaccio avvenne durante il derby contro il Napoli: segnai il gol del 2-1 ed alzai la maglia, sotto avevo la t-shirt degli Ultras Salernitana. Sapete, a 13 anni non avevo pensato alle conseguenze, mi sembrava un semplice sfottò da regalare allo sparuto pubblico napoletano: non doveva essere una mancanza di rispetto alla mia squadra e ad Avellino. 

Invece... Invece dal giorno successivo diventai da un lato un eroe, dall'altro un nemico pubblico. Si susseguivano messaggi d'insulti dagli avellinesi (anche pesanti minacce) e congratulazioni estasiate dai miei amici dell'Arechi: un viavai incessante di contatti da centinaia e centinaia di persone, moltissime non le conoscevo.

La società, condizionata dall'uragano mediatico, mi sospese addirittura a tempo indeterminato, convocando la famiglia per un confronto. Quella goliardata mi costò cara, carissima, mi fece capire quanto fosse radicata e potente la suggestione del derby in questi due popoli

Gli striscioni esposti (forse) nella città rivale
A distanza di qualche mese, poi, le acque si sono fortunatamente calmate e ho cambiato maglia, finendo a giocare proprio nella società che fin da piccolino avevo amato: la Salernitana."

Questo è Avellino-Salernitana, nulla di meno: un viaggio nelle più recondite ed affascinanti viscere di due fazioni, due città separate da mezz'ora di macchina e lustri di rivalità. Oggi il Partenio, la "tana del lupo", ospiterà l'ennesimo capitolo d'un romanzo a tinte infuocate: già inaugurato da uno scambio di  cordiali striscioni appesi nelle città

"Salerno Merda" a battezzare una delle principali vie salernitane; "Pronti Alla Battaglia", in granata, a confezionare il territorio nemico appena all'esterno del Partenio. Scaramucce che fanno colore, piccoli sgarbi che rendono, proprio come la storia di S.A., più vivo e tangibile questo derby anche a chi, come noi, non lo può vivere da vicino. 

Lupi ed Ippocampi, verdi e granata: appuntamento alle 15.00. 


sabato 2 gennaio 2016

FIAMME DI CALCIO: LA TRADIZIONE DEL SEPAK BOLA API

di Gianmarco Pacione (per seguirci su fb clicca qui)

Un giocatore di Sepak Bola Api intento a calciare



Esiste una tradizione che, anno dopo anno, illumina flebilmente il mosaico insulare indonesiano.
Piedi bruciacchiati, vestiti grondanti di sudore, fuoco guizzante: si presenta così, agli occhi d'un profano qualsiasi, il Sepak Bola Api.

Bisogna navigare a vista tra le 17507 isole della Repubblica d'Indonesia, un tempo governate dai Paesi Bassi, per scovare questa disciplina aggrappata agli usurati spartiti del folclore e della religione.
Una fase di gioco
La zona maggiormente interessata è quella meridionale, corrispondente ai centri di Yogyakarta, Bogor e Tasikmalaya: pulsanti focolai musulmani e sedi di scuole religiose. Proprio all'interno di queste strutture si fronteggiano, allo scadere dell'annuale Ramadan, i partecipanti del "Calcio Infuocato".

Prima di farlo, però, trascorrono tutti 21 giorni d'ossessiva preparazione spirituale e fisica: una sorta di lungo ritiro autoimposto.

In queste tre settimane recitano maniacalmente delle speciali preghiere, evitando di mangiare cibi cucinati utilizzando il fuoco. Una notte ed un giorno senza dormire sono poi l'ultimo capitolo dell'affascinante marcia verso il grande evento: cammino che conduce i giocatori all'immunità (o presunta tale) da qualsiasi contatto con il fuoco.

Le squadre sono dunque formate da religiosi del luogo, solitamente divise nel classico scontro "giovani contro vecchi". Non esiste un numero definito di giocatori in campo, può variare da un calcetto tipico (5vs5), ad un allargato 11 contro 11 (molto raro), tutto dipende dalla disponibilità d'atleti.
I palloni di cuoio sono rimpiazzati, come prevedibile, da gusci di cocco immersi nel kerosene: c'è chi dice vengano fatti impregnare per settimane, chi per alcune ore. Conclusi gli ultimi canti prepartita, le squadre si dispongono in un campo minuziosamente preparato nelle sue peculiari particolarità: dalle porte in legno costruite a mano, al centrocampo disegnato e raffigurante simboli religiosi.

Un'uscita in presa bassa
Centinaia di persone affollano i margini del sabbioso teatro di gioco: tutti pronti ad osservare, meravigliati, la bollente sfera che fende l'aria; tutti ipnotizzati dall'infuocato cocco che sfugge, per qualche minuto, alla scura notte indonesiana, come una piccola stella cadente.

Alla pianta del piede i più temerari associano anche l'uso del dorso o del collo pieno; altri non temono il duello aereo, cercando la sfera con la testa. Ai portieri va poi il delicato compito di bloccare, a mani nude, proiettili infiammati.

Così si accende il Sepak Bola Api, così sgorga il sudore dai corpi accaldati di religiosi calciatori.
Una notte indonesiana come tante, una notte di football singolare e rovente.

Il Calcio che ci piace, alla fine, è proprio questo: incontaminato rito dal morbido sapore fiabesco.
Un Calcio mistico, un Calcio doloroso, un Calcio infuocato ed arso da quella fiamma ancestrale sempre più difficile d'alimentare.