domenica 9 marzo 2014

CLASSE OPERAIA: CRAIG NOONE, IL CARPENTIERE IN PARADISO.

di Gianmarco Pacione (cliccate qui per seguirci su FB)
Noone si riposa vestendo Brighton e nobiltà


L’emozione d’ammirare Steven Gerrard.

Deglutisce Craig Noone, lo fa dall’alto delle sue Timberland usate, controllando il martello nel suo palmo destro, sistemandosi il ciuffo impolverato ed abbozzando un saluto. “Buon allenamento capitano”. “Grazie amico, come va il tetto, in una settimana lo finirete?”.
Noon in borghese a Skelmersdale

Classe operaia.

Ogni picchiettio sulla parete, ogni trave posizionata un ricordo, un’immagine: le lacrime nel letto con i pugni chiusi ad undici anni, rifiutato dall’Accademy del suo Liverpool; le bestemmie e la porta chiusa violentemente a quindici, abbandonato dal Wrexham. Prima i nobili, poi i borghesi, esterno sinistro senza domicilio.

Ad accoglierlo a braccia aperte le tute blu, quelle della pausa pranzo in un sacchetto, quelle dello Skelmersdale United. Senza divise d’allenamento, senza stipendio, senza  volto. Noone colora futbol scostando carcasse, scala l’Everest a piedi nudi. Dicono che a Skelmersdale, nel West Lancashire College Stadium, ci fossero più buche che fili d’erba. Equilibrista sulla fascia. Dicono che a Skelmersdale, in quegli anni, la squadra più importante fosse il Liverpool, sezione femminile.

La "casa" di Gerrard
Costante attrice protagonista la vita vera, impegnata giorno dopo giorno a guardare il cielo senza trovarlo. Ogni tetto costruito una settimana di benzina per andare ad allenamento. Tacito accordo che lo conduce a lavorare, meravigliato, nella villa di Steven Gerrard. Strano come primo incontro con il calcio che conta.

Arriva qui l’ispirazione, la profezia tanto attesa. Noone cambia, ingrana quinta, sesta e oltre senza più fermarsi. Il primo paletto messo a Southport: guadagno medio 150 £ a gara, fish and chips offerto una volta a settimana e spostamenti in pulmino. Estasi. Ma non c’è tempo per la soddisfazione.

Il telefono squilla, il martello cade per terra. È il Plymouth. Noone si fa strada tra i coppi, finalmente può definirsi calciatore professionista.

Noone eccitato ad Anfield
Ha 21 anni Craig, sfreccia in autostrada sulla sua Corsa per firmare il primo vero contratto. Ha 26 anni Craig, sfreccia in autostrada sul suo Range Rover; sul sedile del passeggero una busta marchiata Manchester City, al suo interno la maglia del Cardiff sudata con cui ha appena segnato all’Etihad Stadium.
Nel mezzo tre anni di Exeter e Brighton, di galoppate e poesie mancine.

Ancora l’emozione d’ammirare Steven Gerrard.

“Grande partita Craig, ne è passato di tempo dal mio tetto eh! Nemmeno ti ricordavo sinceramente, me l’ha detto un giornalista prima.”. “Grazie capitano, scambiamo la maglia?”.

Melodia di palloni calciati, d’ordini urlati. Il Cardiff si sta allenando, Noone è immobile, il ciuffo baciato dal vento, la testa reclinata. Ai piedi il suo cognome inciso su Adidas fiammanti. Le nuvole, il sole. “Eccolo il cielo.”.

Classe operaia, classe d’un carpentiere in paradiso.

La rete contro il City


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