di Gian Maria Campedelli (per seguirci su Facebook CLICCA QUI)
E' arrivato il giorno. Quello che per
tre mesi attendi maledendo quotidiani sportivi e amichevoli estive
giocate camminando in alta quota. Il giorno di cui si parla e
fantastica camminando su litorali affollati, con gli occhi che
brillano d'eccitazione perché ogni minuto che passa è un minuto in
meno al traguardo. Il giorno dei grandi ritorni, il giorno attorno al quale ruotano umori,
emozioni, gioie e delusioni; il battesimo di un altro anno
all'inseguimento del brivido giusto, del momento supremo. Alla caccia
di una vittoria, di una salvezza, di una degna sopravvivenza o,
impresa più ardua di tutte, di un'identità.
La nuove Serie A 2013-2014 (foto: Sportlive.it) |
E' arrivato il giorno in cui il bambino
diventa grande e il grande ritorna bambino, dove si rovesciano gli
equilibri di un mondo complicato e un po' bastardo. Il giorno in cui
si rompono gli indugi, il giorno in cui finalmente ci si deve
schierare, da una parte o dall'altra, in mezzo mai. Quelli in mezzo
non partecipano alla festa, nemmeno vengono invitati.
E' il giorno in cui l'avvocato ritorna
a battere le mani a fianco dell'operaio, il giorno in cui il figlio
dell'industriale ricomincia a perdere la voce con il figlio del
cassintegrato: è il giorno in cui tornano a farsi vivi gli incubi
dei questori, il giorno in cui gli infami festeggiano perché avranno
di nuovo qualcosa su cui scrivere o qualcuno contro cui puntare il
dito.
E' anche il giorno in cui qualcuno ricomincia a correre e qualcuno torna a caricare, il giorno
in cui nascono maledizioni da graziose labbra femminili, il giorno in
cui le coppie figlie del solleone saltano in aria, il giorno in cui
le mamme iniziano di nuovo a raccomandarsi con occhi amorosi ma stanchi.
E' arrivato il giorno delle lacrime
rabbiose, delle bestemmie imboccando la via del ritorno, della birra
calda e un po' sgasata, dei Borghetti lanciati aspettando il rumore di
plastica sul cemento, di torce e sbirri e tensioni e boati ad un gol
o per un rigore parato.
E' arrivato infine, facendosi attendere
come l'ospite più gradito e desiderato, provocato e coccolato,
accompagnato dagli ultimi caldi e vestito dei colori di un'estate
che, per noi, dura sempre troppo tempo.
E' giunto sino a noi preceduto dalla
numerosa fanfara di tamburi immaginari e cori masticati per scaricare
l'adrenalina. Perché fino ad ora le gradinate son rimaste vuote ma
si canta sempre, anche davanti ad uno specchio o in coda in
autostrada. Così. Perché innamorati lo si è sempre, anzi, nei momenti
di noia e difficoltà ancora di più, fino allo sfinimento. Il bello viene adesso: basta gitarelle serene in oasi silenziose, basta domeniche composte al fresco di un ombrellone, basta calciomercato, basta maledette
vacanze.
Si torna a soffrire. Finalmente.
Un pensiero al diffidato
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