"Parte un lancio di Magli verso Pandolfini.
Egisto scatta, tra lui ed il portiere c'è solo Carlo Parola.
L'attaccante sente di potercela fare ma il difensore non gli permette d'agire.
Uno stacco imperioso, un volo in cielo, una respinta in stile unico.
Un'ovazione accompagna la prodezza di Parola."
Manifesto, icona. Corrado Banchi lo pensava, immortalando quell'istante. Sapeva di regalare ad ogni musa il ritratto perfetto di cui cantare. Carlo Parola sfiorava solennemente, con la punta del suo scarpino, le nuvole più alte di quel mosaico aereo fiorentino. Lo faceva nel cuore della sua area bianconera, a pochi metri dalla rapida intuizione d'un reporter freelance.
Si percepiva il sole su quel piede, brillava la cristallizzante luce del mito.
Foto in maglia juventina |
Una passione, quella della bicicletta, trasportata in ogni prato verde. Da bambino, Carlo, muoveva le gambe sui pedali. Ha continuato a farlo nella massima serie del futbol nostrano, fumando le sue amate Gauloises con fiera irriverenza, ignorando altezze e vertigini, costantemente a contatto con l'aria più rarefatta.
L'album Panini, poi, ha pensato al resto, rendendolo un simbolo trasversale e senza età: testimonial anonimo dell'attuale adolescente, reliquia storica per le menti più mature. A lui va sempre la prima pagina: anno dopo anno, campionato dopo campionato, Cissè dopo Bastos.
"Sono stato un giocatore troppo grande per essere anche un allenatore troppo grande". Diceva così, qualche anno prima di lasciarci, uno degli artisti in calzoncini più forti della storia italiana: maestro e dittatore della propria metà campo, tra moltissima Juve e briciole laziali, con 10 presenze in Nazionale.
Niente pubblicità di carni in scatola o dopobarba, di fuoristrada o tablet.
Carlo Parola è stato, è e sarà, per tutti, per sempre, il volto ed il corpo di tutto ciò che più amiamo.
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