di Gian Maria Campedelli (per seguirci su Facebook clicca QUI)
Mi svegliavo al mattino, mi guardavo allo specchio e rischiavo di vomitare le schifezze mangiate il giorno prima. Era tutto sbagliato, nella mia vita, nei miei piedi, sulla mia faccia. Tutto scombinato. Tutto ciò che di buono potevo avere, tutto ciò che di buono potevo essere, veniva spazzato via un istante dopo. Un passo avanti e due indietro. Quelli come me nascono più raramente dei Pelè: possono essere (quasi) tutto e alla fine non sono niente. Io sono così, tutto e niente, costretto a vivere nella memoria della gente per quel mio viso simile a un mazzo sbattuto mischiato su un tavolo. Ruvido, disordinato, disarmonico.
Dowie perplesso (o sorridente) in maglia Southampton |
Nasco, cresco, divento persino un ingegnere dopo che il Southampton brucia i miei sogni di diventare un calciatore, col più classico dei “le faremo sapere”. E da lì in avanti la mia vita non è altro che un susseguirsi di sliding doors che si aprono, sì, ma puntualmente si richiudono violente mentre io passo, prendendomi in mezzo senza fare complimenti. Ingegnere e calciatore per diletto. Poi, beffarda fortuna, calciatore professionista: West Ham, per la cronaca, martelli e sogni di gloria. Fino a che Morley non decide di tornare a riprendersi il campo. "Dowie il brutto" torna nell’ombra più putrida. Le bolle s'infrangono sui muri carichi di fumo e oscenità delle strade attorno ad Upton Park.
Iain al Crystal Palace |
Iain in versione nazionale |
Non c’è modo migliore per far finire un uomo nel dimenticatoio. Se non fosse che io, invece, nel dimenticatoio non ho nemmeno il privilegio di spenderci la mia solitudine. Semplicemente perché sono Iain Dowie e sono talmente Iain Dowie che potrete dimenticarvi di tutti gli altri storti del pallone, ma non di me. Che potevo essere un ingegnere e salire la scala del potere alla British Aerospace, un gran giocatore di football, eroe nella terra di mio padre, l’Irlanda del Nord, e nella città che per prima mi prese a pugni senza che io potessi difendermi, Southampton.
E invece no, sono finito sulle vostre bacheche virtuali, bersaglio immobile di stoccate senza pietà. Abbiate almeno la pietà di non confondermi con Kuyt. Io ero più brutto. E non ho mai vinto un cazzo.
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