I Gigantes do Norte al completo |
Nani sulle spalle di giganti.
Bernardo di Chartres avrà già buttato l'occhio a Belém, la Betlemme brasiliana.
Casimero Ribeiro, soprannominato Wagner Love |
Basta un tocco, basta un dribbling.
Nella tipica serata dal profumo di mango, i Gigantes do Norte (Giganti del Nord) stanno proseguendo delicatamente il loro palleggio. Controlli rapidi per piedi impercettibili, dispersi a colorare, come minuscoli coleotteri, il prato verde.
La sfera viaggia, non si alza mai: è un obbligo, non una regola.
Le falcate sono corte, cortissime, eppure goffamente irresistibili.
Dai pali un braccio alzato spinge le urla per sistemare la barriera. Il guantone chiede due giocatori: se ne presentano quattro.
Un mormorio ancestrale non abbandona gli spalti, accarezza rispettoso il banale materializzarsi d'un qualcosa di unico.
Davanti agli occhi ecco la più originale dichiarazione di conformismo.
La barriera dei Giganti |
La barriera a cavalcioni, uno sopra l'altro: per occultare lo specchio, per risultare originalmente normali.
Il calcio è anche loro, è anche dei Giganti del Nord, squadra con un'altezza media ben sotto il metro e cinquanta. Nessuna differenza, nessun'anomalia.
I ragazzi di Marcos Martins non sono Crouch o Koller; rivelano sprazzi di talento senza vergogna o timore, con immensa personalità.
Lo fanno in un campo regolare, affrontando rappresentative di giovani locali. Lo fanno sensibilizzando e colpendo rasoterra un mondo esteticamente elitario.
Ambasciatori e sognatori, professionisti impossibilitati ed umani precursori racchiusi in corpi brevi.
Gli sguardo sicuri, l'esultanze dopo i gol, il divertimento nel nascondere il pallone.
Fútbol.
Perchè in fondo, a loro, importa solo gonfiare la rete e soffocare la classica, noiosa risata collettiva.
Perchè in fondo, a loro, importa un cazzo di non poter saltare come Luisao o, anche solo, Maxi Moralez.
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