Ed è proprio da questo popolo d’antichissime tradizioni che nasce ventisette anni fa, a Candia, Georgios Samaras, colui che potremmo definire l’eroe del calcio moderno.
Un fisico statuario. Barba e capelli folti, foltissimi, quasi a risaltare la sua espressione, sempre uguale, sempre impassibile, sempre alla ricerca dell’istante giusto per avvicinarsi a quegli dei che indipendentemente dal suo volere gli sono vicini. Dei che gli hanno donato una classe smisurata, a tratti eccessiva.
Un fisico statuario. Barba e capelli folti, foltissimi, quasi a risaltare la sua espressione, sempre uguale, sempre impassibile, sempre alla ricerca dell’istante giusto per avvicinarsi a quegli dei che indipendentemente dal suo volere gli sono vicini. Dei che gli hanno donato una classe smisurata, a tratti eccessiva.
Georgios sa di poter cambiare le sorti della partita in qualsiasi istante. Glielo si legge in quella corsa cadenzata e ritmicamente costante, che tanto rimanda a quel suono di tamburi anticipatore di epiche battaglie. È un deus ex machina.
Non ha un ruolo, risulterebbe insultante e limitante definirlo con un numero o con le classica parolina di rito. È un giocatore a se, ed è compiaciuto di risultare tale. Quasi a risaltare questa sua onnipotenza per larghi tratti delle partite fa giocare solo i suoi compagni, come a ricordare quell’Achille che, davanti alle mura di Troia, per lungo tempo si era deciso a perseguire la strada dell’inattività, ma che, una volta entrato in campo, spinto da una forza superiore, cambiò irrimediabilmente gli equilibri. Non tanto grazie alla forza con cui impugnò le armi o a quel corpo allenato alla perfezione, quanto ad un fattore incontrollabile, con cui da sempre risulta impossibile negoziare: il destino.

Eppure resta sempre un campione di nicchia, uno di quei giocatori che in molti non considerano e che altrettanti descrivono con il classico “si, è forte, ma…”. I suoi haters lo dipingeranno come un giocatore a tratti insofferente, abulico, quasi fuori luogo e, se non in giornata, deleterio.
Ma d’altronde si sa, l’imperfezione altro non è se non una parte integrante del concetto d’eroe. Lo rende avvicinabile, possibile da emulare. In fondo ognuno di noi, anche inconsciamente,vorrebbe esser Georgios Samaras.
Gianmarco Pacione
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