venerdì 1 maggio 2015

IL GRIDO DEL FUTBOL RIBELLE: EZLN FOOTBALL CLUB

di Gianmarco Pacione (clicca qui per seguirci su Fb)



La sfera, o bola (come la chiamano da queste parti), sospira ad ogni tocco, quasi fosse una litania maledetta, dispersa nel vento mesoamericano.
Due legnetti spuntano tra l’erba calpestata: finissimi pali colorati d’una porta senza traversa. 
A battagliarsi, rincorrendo la pelota, sono corpi bardati da capo a piedi: si scorgono solo gli occhi, fari guizzanti sotto lanosi passamontagna. 



Chiapas, regione meridionale del Messico, marzo 1999.

Bienvenidos ad una delle partite più originali della storia: da una parte ex professionisti messicani, dall’altra, quasi usciti da un sanguinoso videogioco o da un attentato terroristico, costruiscono il disordinato contropiede 11 guerriglieri con gli scarpini. E pensare che gli scarpini non sono nemmeno loro. 

Questa squadra d’assalto, prestata al futbol, è la rappresentativa dell’EZLN: l’Ejercito Zapatista de Liberaciòn Nacional. 

“Aquì estamos!”, s’alza forte in cielo il loro grido, stanno giocando per la loro terra, per le loro origini, per il loro futuro. L’EZLN è un gruppo ribelle, formato da indigeni locali: dal ’94, sotto gli ordini del subcomandante Marcos, questi nativi chiedono disperatamente di poter sopravvivere. 

Dopo secoli di vessazioni da parte di coloni e freddi speculatori, oggi i figli dei Maya si trovano senza punti di riferimento, assaliti dall’insostenibile globalizzazione e dall’inefficienza del governo messicano; costretti a ritrovare, nei resti delle antiche piramidi, gli unici cenni d’un popolo che lentamente sta morendo. L’ultima esalazione vitale arriva dal movimento di ribellione, capace di numerose azioni di sovversione: tra prese di città e pesanti dichiarazioni mediatiche. 

Il futbol, così, in questo marzo 1999, diventa una mezzo d’espressione, poco importa che la partita finisca 5-3 per gli ex professionisti. I ribelli sono qui, con la stella rossa sul petto, con il passamontagna a nascondere sinistramente il viso, con il fazzoletto legato al collo. I ribelli sono nel mondo, raggiungono con qualche tiro e passaggio molte più persone di quanto avessero mai fatto con le loro rappresaglie. 

Bussano, così, alla loro porta, due attori che mai ci si sarebbe potuti aspettare: disparate maschere d’un teatro surreale. 

Massimo Moratti e Banksy. Il primo, storico patron nerazzurro; il secondo, writer più conosciuto e sfuggevole al mondo. Uno strano duetto, a base di sensibilizzazione e solidarietà. 

L’ELZN, difatti, stringe un fortissimo rapporto con l’Internazionale Fc: Moratti scambia assiduamente lettere con il subcomandante Marcos, appoggiando pienamente idee e proposte del condottiero ribelle. Si arriva ad organizzare anche una sfida amichevole, che alla fine, almeno fino ad ora, non ha mai visto la luce. Per l’occasione il comandante guerrigliero, dice d’aver pronto un arbitro di spessore: un certo Diego Armando Maradona. 

Particolare tifoso, di questo bizzarro legame, è il “Pupi” Javier Zanetti. Ad accompagnarlo nella raccolta fondi, è appunto il fantasma dei dipinti urbani: quel Banksy che ha tramutato tanti muri in opere d’arte. A lui si deve la creazione d’una stampa evocativa, con i futbolisti ribelli come protagonisti, finita su centinaia di magliette vendute per beneficenza. 

Tifosi d’un certo peso, dunque, per l’EZLN Fc: squadra con una sola partita all’attivo, capace, però, di creare un’aura di leggenda attorno ad 11 giocatori senza nome. Una squadra che, forse, ancora oggi si sta allenando all’ombra delle piramidi Maya. Una squadra coperta da quel velo di mistero che tanto appartiene ai nativi del Chiapas, sorretta da un popolo intero che vuole gridare, tramite il futbol: “Aquì estamos!”. 
    


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